Information

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut rhoncus risus mauris, et commodo lectus hendrerit ac. Nam consectetur velit et erat fermentum aliquet. In laoreet, sem sit amet faucibus pulvinar, purus tellus tincidunt ex, vel blandit nibh dui sit amet justo. Ut tincidunt sem ut dolor vehicula, sed hendrerit metus porta. Etiam at lacus rhoncus, euismod lorem ut, vehicula nunc.

Recent Posts

Standard video post
Post with couple photos inside
DRAMMA INDUSTRIALE

(Firenze, 1953)

Premiére: San Miniato, Festa del Dramma Popolare, 21 Luglio 2023

 

Nell’autunno 1953 più di duemila operai, tutti assunti presso lo stabilimento fiorentino del Pignone, rischiano il licenziamento per la chiusura dello stabilimento. Il sindaco della città, Giorgio La Pira, prende pubblicamente le parti degli operai, asserragliati nei locali della fabbrica. Nelle drammatiche giornate di quell’occupazione, tra scioperi generali e rapporti con industriali, prefetti e ministri (Fanfani in particolare), La Pira compatta un fronte politico e civile che punta a salvare prima di ogni altra cosa i posti di lavoro. Sarà l’ENI di Enrico Mattei a tendere la mano al sindaco, rilevando lo stabilimento.

Traendo spunto da questa vicenda, senza riproporre una scansione documentaristica o cronachistica dei fatti, lo spettacolo ritrae i turbamenti privati del Professore (La Pira) diviso tra l’impegno politico e spirituale per la vertenza della Fabbrica (Pignone) e l’eco delle accuse che ambienti democristiani e liberali gli recapitano: da statalista della povera gente rischierebbe di votare la propria azione al socialismo. Attraverso una sequenza di interviste, dialoghi, sogni e telefonate con il Presidente (Mattei), viene attraversata la simbolica crisi di duemila operai per culminare con l’amaro confronto tra due personalità decisive per la rinascita etica e politica del Paese.

Nel 1951 esce nelle sale cinematografiche Alice e il paese delle meraviglie, prodotto da Walt Disney. Nel 1956 muore Bertold Brecht. Trai due eventi si colloca la vicenda del Pignone, che metterà a rischio il lavoro di duemila operai prima di qualsiasi forma di statuto del lavoro. Con queste coordinate, Riccardo Favaro ha tracciato un affresco febbrile del passato del nostro paese che rimbalza dalla Storia al sogno, in un movimento infinito che negli incubi vede riaffiorare la realtà. Il mio viaggio nel suo testo parte dal bisogno di guardare alle promesse che quel periodo storico faceva a se stesso e che oggi vediamo continuamente disattese, tra fabbriche che vengono di nuovo occupate e “morti bianche”, e dal bisogno di chiedere (a me stesso come alla piazza di San Miniato) cosa significhi oggi teatro civile.

Penso che la politica sia una tavolata, a cui bisogna sedersi per far succedere le cose. Bisogna guardare negli occhi i propri nemici. Bisogna stringergli le mani. Bisogna mangiare con loro. Anche se non si ha fame. Una tavolata sorridente ma spaventosa, come quella del cappellaio matto, circondata da un giardino di cui non si vede da nessuna parte la fine. Ho convocato a questa mensa cinque attori magnifici, allontanandomi da ogni idea di “somiglianza” con il personaggio storico che sono chiamati ad interpretare, cercando piuttosto di metterli in dialogo con cinque idee di spirito che hanno fatto l’Italia. Questo giardino sempre verde in cui il paese si nasconde.

Giovanni Ortoleva

DRAMMA INDUSTRIALE
(Firenze, 1953)
di Riccardo Favaro
regia Giovanni Ortoleva
con Stefano Braschi, Marco Cacciola, Christian La Rosa, Stefania Medri, Edoardo Sorgente
assistente alla regia Alice Sinigaglia
scene Federico Biancalani
assistente alle scene Martina Cattaneo
costumi Graziella Pepe
musiche Pietro Guarracino
direzione tecnica Rossano Siragusano

produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale, Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato

foto di scena di Danilo Puccioni, Stefano Bertoncini e Simone Borghini

 

PRESS

Difficilmente negli spettacoli «estivi» (e soprattutto di questi tempi) si può provare un benefico shock perché dal palcoscenico si parla di cose che ci informino e ci coinvolgano, magari con forza, parlando della nostra vita collettiva. È successo invece all’edizione annuale della Festa del Teatro di San Miniato. […] Sembrano parole grosse, ma non ci si deve spaventare: lo spettacolo ha una fluidità che lo porta leggero e pensoso in avanti. Il testo di Riccardo Favaro e la regia di Giovanni Ortoleva (entrambi men che trentenni) non cedono a facili ammicchi o ironie, anche se non mancano momenti di vero divertimento. […] Sono quasi commoventi, mentre si scrutano i manichini calati sulla scena dal cielo, le parole di Mattei, padrone «illuminato», che con molta consapevolezza fanno eco a quelle trasformazioni. Ed è impossibile non rintracciarvi lo spirito, e i termini stessi, di Pasolini davanti ai nuovi assetti della società italiana.

Gianfranco Capitta, Il Manifesto

“Chi ha detto che si deve andare fino in Inghilterra per ammirare interpreti in grado di essere mimetici con i personaggi storici che impersonano sul palco? […] Christian La Rosa è solo il frontman in un cast di talenti impressionanti, cinque attori uno più emozionante dell’altro, portati insieme al medesimo altissimo grado comune di espressività: Edoardo Sorgente (il Ministro) alla pari di Stefania Medri (la Giornalista e Lei), Stefano Braschi (il Ragioniere) alla pari di Marco Cacciola (il Presidente). […] Bisogna, del resto, riconoscere a Ortoleva il merito di aver avuto a disposizione elementi di massimo livello e di esserseli giocati tutti al top delle potenzialità.

Sandro Avanzo, Spettacoli News

“La scrittura di Favaro è incalzante, febbrile. Il ritmo è spezzato, qua e là telegrafico, fra telefonate, interviste, dialoghi e passi a due, domande incrociate destinate a fluttuare nell’aria (nella coscienza?) in attesa di risposte, ragion di stato, solidarietà, valori etici, moralità e conflittualità, ma immerso in un magma onirico, una fascinazione traumatica che libera La Pira da santificazioni e altarini, smorza la parabola evangelica per farne una sorta di profeta disarmato del proletariato […] Illuminato dalla grazia, indomito e sorprendente, il La Pira di Favaro e Ortoleva si muove fra Bernanos, Brecht, Danilo Dolci, Ken Loach. La regia vive di assalti e allucinazioni, asseconda il ritmo convulso della vicenda che si gioca a scacchi attorno al tavolo della trattativa (il tempo stringe, che ne sarà di noi?) e così il girotondo entra nella sfera della contemporaneità, la più vicina, il mondo del lavoro che si scopre sempre più debole, senza paracadute.”

Gabriele Rizza, La Nazione

“La sfida è stata di affidarsi a un autore e un regista nati negli anni Novanta – di una generazione, quindi, lontana nel tempo – che hanno reinterpretato la vicenda di La Pira e il clima politico di quegli anni in maniera originale, personale e del tutto nuova. […] La presenza di fantocci, fra Brecht e Dario Fo, introduce indirettamente un finale in cui la scrittura di Favaro, e la sua traduzione in scena, si fanno poetiche, culminando nel bellissimo, struggente monologo di Marco Cacciola/Enrico Mattei.”

Francesco Tei, Hystrio

“Ricostruire una grande e complessa figura in scena si può? Senza incappare in agiografia, in ritmi da serie televisiva, in vuotezza sintetica? Si può. Lo dimostra in primo luogo Riccardo Favaro, autore del testo […] Oltre ad essere angosciante ed efficace il testo è coraggioso, nel suo alternarsi fra realismo, sogno e profezia, nel suo plurilinguismo che si innesta con audacia insolita nella scelta di un linguaggio alto, letterario […] Il pubblico si lascia trascinare e si impegna a ragionare, e fra pathos e logos gli applausi confermano l’eccellenza di questo teatro, sacro e provocatore”

Susanna Pietrosanti, Gufetto

In the fall of 1953 more than two thousand workers, all employed at Florence’s Pignone factory, are in danger of being laid off due to the plant’s closure. The city’s mayor, Giorgio La Pira, publicly takes the side of the workers, barricaded in the factory. In the dramatic days of that occupation, amid general strikes and dealings with industrialists, prefects and ministers, La Pira compacts a political and civil front that aimed at saving jobs above all else.

 

Drawing from this event, without re-proposing a documentary or chronological scanning of the facts, the show portrays the private turmoil of the Professor (La Pira) torn between his political and spiritual commitment to the Factory and the echo of the accusations of being a socialist that Democrazia Cristiana delivered to him. Through a sequence of interviews, dialogues, dreams and phone calls with the President (Mattei), the symbolic crisis of two thousand workers is traversed, culminating in the bitter confrontation between two personalities decisive for the ethical and political rebirth of the country.

 

In 1951 Alice in Wonderland, produced by Walt Disney, was released in theaters. In 1956 Bertold Brecht died. Between the two events lies the Pignone affair, which put at risk the jobs of two thousand workers. With these coordinates, Riccardo Favaro has traced a feverish fresco of our country’s past that bounces from History to dream, in an endless movement that sees reality resurface from surface. My journey through his text starts from the need to look at the promises which that historical period made and that we see continuously unfulfilled today, and from the need to ask (to myself as well as to the square of San Miniato) what civic theater means today.

 

I think politics is a table, at which one has to sit to make things happen. One has to look one’s enemies in the eye. One has to shake their hands. One has to eat with them. Even if one is not hungry. A smiling but scary table, like that of Alice’s Mad Hatter, surrounded by a garden whose end is nowhere in sight. I have summoned five magnificent actors to this table, moving away from any idea of “resemblance” to the historical character they are called upon to play, seeking rather to put them in dialogue with five ideas of spirit that made Italy. This evergreen garden in which the country hides.

Giovanni Ortoleva

 

PRESS

 

“Hardly in “summer” shows (and especially in these days) can one feel a beneficial shock hearing from the stage things that inform and engage us, perhaps powerfully. It happened instead at the annual edition of the San Miniato Theatre Festival. […] These may sound like heavy words, but don’t be frightened: the show has a fluidity that moves it lightly and thoughtfully forward. The text by Riccardo Favaro and the direction by Giovanni Ortoleva (both less than 30 years old) do not give in to easy winks or ironies, although there is no shortage of moments of real fun. […] The words of Mattei, the “enlightened” master who very consciously echoes those transformations, are almost moving. And it is impossible not to trace in them the attitude and spirit of Pasolini regarding the new structures of Italian society.”

Gianfranco Capitta, Il Manifesto

 

“Who said one has to go all the way to England to admire performers capable of being mimetic with the historical characters they impersonate on stage? […] Christian La Rosa is just the frontman in a cast of impressive talents, five actors one more exciting than the other, brought together to the same very high common degree of expressiveness: Edoardo Sorgente (the Minister) on par with Stefania Medri (the Journalist and She), Stefano Braschi (the Accountant) on par with Marco Cacciola (the President). […] We must, after all, give Ortoleva credit for having had at his disposal elements of the highest level and for having played them all at the top of their potential.

Sandro Avanzo, Spettacolinews

 

“Favaro’s writing is fast-paced, feverish. The rhytm is broken, here and there telegraphic, between phone calls, interviews, dialogues and pas de deux, crossed questions waiting for answers, reason of state, solidarity, ethical values, morality and conflict, immersed in a dreamlike magma, a traumatic fascination that frees La Pira from sanctification and altarpieces, dampens the evangelical parable to make him a sort of unarmed prophet of the proletariat […] Illuminated by grace, indomitable and surprising, Favaro and Ortoleva’s La Pira moves between Bernanos, Brecht, Danilo Dolci, Ken Loach. Ortoleva’s direction thrives on assaults and hallucinations, pandering to the convulsive rhythm of the affair that plays chess around the negotiating table (time is running out, what will become of us?) and so the roundabout enters in the sphere of contemporaneity.”

Gabriele Rizza, La Nazione

 

“Can one reconstruct a great and complex figure on stage? Without running into hagiography, TV-series rhythms, synthetic emptiness? It can. This is demonstrated first and foremost by Riccardo Favaro, author of the text […] In addition to being chilling and effective, the text is courageous, in its alternation between realism, dream and prophecy, in its multilingualism that is grafted with unusual audacity into the choice of a high, literary language […] The audience is carried in the show and engages in reasoning, and between pathos and logos its applause confirms the excellence of this theater, sacred and provocative.”

Susanna Pietrosanti, Gufetto